La "nuova" Repubblica, oltre il prendere posizione

  

di Omer Pignatti, pubblicato il 10/05/2019

Il quotidiano Repubblica, a guida Carlo Verdelli, si rinnova. La campagna di lancio della “nuova” Repubblica non solo ci parla della scelta dei brand di prendere posizione su temi etico-politici che travalicano il proprio ambito di business, ma va decisamente oltre.

Campagna di lancio, lunedì 6 maggio 2019

Abbiamo tutti ancora nella testa la campagna di Nike che scelse come testimonial Colin Kaepernick per il suo impegno contro razzismo e discriminazioni nello sport, le campagne di Ikea contro la violenza sulle donne e a favore delle famiglie di qualunque tipo esse siano o di Conad che, per citare il suo amministratore delegato, Francesco Pugliese, è passata “dal posizionamento al prendere posizione”.

Viene in mente anche il caso, di pochi giorni fa, della maratona di Trieste chiusa agli atleti di colore. Una brutta vicenda, che poi è stata superata – tra tanti imbarazzi – grazie anche all’intervento del main sponsor, che non aveva nessuna intenzione di associare la propria immagine a una manifestazione del genere.

L’etica è sempre più protagonista nel business e le aspettative nei confronti dei brand sono alte: i consumatori-cittadini, nel clima di generale sfiducia, chiedono alle imprese di prendere posizione, di farsi portavoce e rappresentanti di istanze slegate dalla propria attività.

C’è un vuoto di rappresentanza, uno spazio politico da occupare. E c’è anche un mercato, che i brand devono conquistare, comunicando i propri valori, la propria visione, le proprie posizioni: in quest’epoca non si vive solo con il prodotto, serve la reputazione.

In quest’epoca non si vive solo con il prodotto, serve la reputazione.

La campagna di Repubblica, basata su giochi di parole che trasformano in positivo i messaggi sovranisti, sposta un po’ oltre l’asticella, quantomeno perchè a farla è un giornale.

La storia editoriale, la collocazione di Repubblica e le posizioni che esprime le conosciamo tutti, non stiamo parlando nè di questo nè della terzietà del giornalismo. La novità, come avviene già da qualche tempo per alcuni grandi giornali Usa, è l’incrocio tra business, etica e deontologia.

Si “alza la voce” – questo il claim scelto dal quotidiano –  anche per evidenziare la condizione di disagio e sfiducia di  un presente sempre più incattivito.

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